Il Micromanagement: un male dei nostri tempi

In questo articolo vorrei affrontare da un punto di vista diverso, un tema diventato “caldo” nelle discussioni sugli stili manageriali: il micromanagement.

Il generale George S. Patton, leader di uno dei gruppi di comando e controllo più tradizionali al mondo, aveva compreso il pericolo insito nella microgestione e sosteneva: “Non dire mai alle persone come fare le cose. Dì loro cosa fare e ti sorprenderanno con il loro ingegno.”

Generale George S. Patton

Il mio obiettivo è provare ad analizzarlo dal punto di vista di chi lo fa e non di chi lo subisce, per trovare una chiave di lettura che possa trasformare questa pratica da distruttiva a positiva.

Il dizionario definisce il micromanagement come un “management o controllo con eccessiva attenzione a dettagli minori”.

La nozione di micromanagement può essere estesa a qualsiasi contesto sociale e ruolo. Spesso, infatti, le intenzioni sono pensate per essere le migliori per il team. Tutto però si inceppa in quanto questo comportamento è associato a cattive abitudini che impediscono il lavoro di team. L’ eccessiva ossessione per il più piccolo dei dettagli comporta un fallimento delle capacità di evidenziare i problemi di maggiore importanza.

La particolarità di un micromanager è che spesso non si accorge di esserlo. 

Come possiamo scoprire se abbiamo tendenze al micromanagement?

Siamo maniaci del controllo

Siamo letteralmente ossessionati dalla gestione. Pensiamo di delegare ma in realtà non ci fidiamo di nessuno e vogliamo seguire passo passo ogni fase, ogni dettaglio della realizzazione di un progetto.

Qual è il risultato? Voler entrare in tutti gli step di un progetto senza avere il tempo necessario di approfondire, vuol dire creare spesso più complicazioni piuttosto che soluzioni.

Usiamo più spesso “Io” vs “Noi”

L’ #intelligenzaemotiva è alla base di un team. Saper identificare gli stati d’animo dei collaboratori e proporsi come un supporto, è alla base della #leadership.

Non essere dotati di intelligenza emotiva significa far più fatica ad entrare in sintonia con le persone, non creare spirito di squadra, agire individualmente e non collettivamente.

Risultato? Questo rappresenta un enorme collo di bottiglia per il successo del team con tutte le sue forme di controllo.

Pensiamo di saper tutto

Se pensiamo di sapere tutto, questo è un problema (vi ricordate “l’effetto Dunning Krueger“…?) . Significa che adotteremo un approccio top-down molto chiuso rispetto alle proposte dal basso. Faremo spesso richieste incoerenti senza contesto che creano stress inutili.

Una team chiuso sia nei confronti di chi ascolta, il capo appunto, sia nei confronti delle nuove idee non può lavorare efficacemente.

Il risultato? Limitare l’autonomia anche nei piccoli task porta le persone a non prendersi rischi né sentirsi responsabilizzati (tanto sbaglieranno lo stesso!)

Cosa possiamo fare per tradurre questo stile manageriale in un modello positivo che generi benefici per tutti?

Partiamo da un presupposto: non esiste una persona che non apprezza un aiuto o consiglio, sopratutto chi gestisce lavori complessi ha spesso bisogno di qualcosa di più di un semplice consiglio o incoraggiamento superficiale.

Ricerche indicano che l’assistenza in un’organizzazione è correlata a prestazioni migliori. Quindi, come si può dare assistenza senza minare il senso di efficacia e indipendenza?

Come punto di partenza, i tuoi collaboratori devono sapere che hai fiducia in loro e che sei dispostə a offrire aiuto, e devono sentirsi a proprio agio nel chiederlo. Inoltre, è necessario avere una comprensione di base del loro lavoro e delle loro sfide, nonché del tempo ed energia che servono per fare un’attività.

Dopodiché fatti guidare dal tempo e dal ritmo!!!

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Calcola il tempo con saggezza

Quando ti coinvolgi nel lavoro dei tuoi collaboratori, il tempismo conta, ma non nel modo in cui ti aspetteresti. Impara a osservare, non intervenire appena avvisti un problema, attendi fino a che siano loro a sentire il bisogno di aiuto e siano pronti ad ascoltare in modo ricettivo. Le persone sono più disposte ad accogliere l’assistenza quando hanno sperimentato in prima persona le sfide di un progetto o attività.

Allinea il tuo ritmo ai bisogni delle persone

Per dare alle persone un aiuto utile, devi prenderti il tempo necessario per comprendere appieno i problemi, soprattutto quando i problemi sono spinosi. Se il lavoro è complesso, creativo e cognitivamente impegnativo, dovrai impegnarti profondamente. Ma questo significa fornire aiuto con il contenuto giusto. Il tuo ritmo di coinvolgimento varierà a seconda che i collaboratori necessitino di una guida a breve termine o di un percorso per un periodo prolungato.

Alla fine ti accorgerai che trasformare l’attitudine alla microgestione in una pratica di aiuto costruttivo ti permetterà di comprendere meglio il lavoro che fanno i tuoi collaboratori e mettere le tue capacità a disposizione con sincerità e trapsarenza per la migliori riuscita del progetto.

Spoiler:

Non posso chiudere questa newsletter con un po’ di autoironia, perchè si anche questo serve per creare fiducia, migliorare i processi e diminuire i conflitti: non prendersi troppo sul serio!

Buon attitudine a tutti noi! Belli, Belli 🙂

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